Il dado è tratto
11 Sep 2014 12:40 PM (10 years ago)

Ebbene sì, infine la decisione è presa.
Bookshelf chiude. Ma chiude per riaprire un po' più in là.
Sì, mi rendo condo di sembrare un po' pazza (bè effettivamente un po' lo sono), ma credo sia la cosa migliore.
A questo blog voglio tanto, tanto, ma proprio tanto bene. L'ho aperto cinque anni fa, nel momento forse, anzi nessun forse, nel momento sicuramente più brutto della mia vita e, in un modo o nell'altro mi ha aiutato, tanto. Bookshelf mi ha dato tanto, e tanto ho dato io a lui. Ma nell'ultimo anno e mezzo l'ho trascurato, bistrattato, ignorato. Di tutto un po'. Quando finalmente sono stata pronta a riprenderlo ci si è messa pure una connessione internet decisamente pessima a rovinarmi i giochi.
Così l'idea di resettare tutto e ricominciare da zero pian piano ha preso piede; se prima era solo una vaga ipotesi, col tempo mi son convinta sempre di più che fosse la cosa migliore (complice anche il mio ormai pessimo rapporto con Blogger).
E ora è venuto il momento dell'ufficialità.
Bookshelf è arrivato al capolinea, ma al suo posto è già attivo il mio nuovo angolino virtuale:
Il Brucalibro.
Piattaforma nuova, nome nuovo, nuova avventura, grafica tutta da rifare (consigli e volontari sono ben accetti). Ma non voglio dare un taglio netto al passato, perché qui ci sono 5 anni di articoli a cui tengo davvero tanto. Così ho deciso di portarmi dall'altra parte i post a cui sono più legata, quelli che penso mi siano riusciti meglio.
Voi siete stati fantastici in questi anni, anche e soprattutto durante la mia latitanza, quando i vostri commenti non sono mai mancati. Così spero vogliate proseguire con me questa bella esperienza virtuale. Se così fosse vi aspetto
qui.
Bookshelf resterà on line ancora un po'. Il tempo del trasloco. Poi saluterà definitivamente tutti.

Giorno 5/Versione 1: A book that makes you happy
Dovendo scegliere un libro che mi abbia reso felice, il primo che mi è venuto in mente è stato Fuga dal Natale di John Grisham. Innanzi tutto, come si può evincere dal titolo, è ambientato durante il periodo natalizio e già basterebbe questo a mettermi di buon umore. In più il romanzo è un insieme di situazioni comiche, al limite del paradossale, davvero divertenti. Il libro, in breve, ha per protagonisti i coniugi Krank i quali, in seguito alla partenza della figlia Blair per una missione umanitaria in Perù, decidono di rinunciare al Natale e utilizzare i soldi risparmiati per regalarsi una crociera ai Caraibi. Pochi giorni prima della Vigilia, però, la figliol prodiga annuncia il suo rientro anticipato, proprio per poter festeggiare il Natale in famiglia. Questo inaspettato ritorno a casa sconvolgerà i piani dei Krank costringendoli a un corsa contro il tempo per poter organizzare il Natale perfetto.
Ecco io non so se questo libro mi abbia reso davvero felice, sicuramente però mi ha regalato momenti di pura comicità strappandomi sonore e grasse risate…se non era felicità, ci andava molto vicino…
Giorno 5/Versione 2: Il libro più lungo che tu abbia mai letto.
Facendo un po' mente locale, credo di poter dire, con quasi assoluta certezza, che il libro più lungo che io abbia mai letto si stato Il quinto giorno di Frank Schätzing, di 1030 pagine circa.
Non fatevi spaventare dalla sua mole, questo romanzo merita davvero di essere letto. Ricco di fascino e adrenalina, è la storia di una serie di incidenti strani, avvenuti in giro per il mondo, che hanno come denominatore comune l'acqua. Pesci come impazziti, "vermi giganti" luminescenti, balene che attaccano l'uomo: avvenimenti di questo tipo che si moltiplicano in tutto il mondo senza una spiegazione apparente. Per questo viene creata una task force di scienziati affermati, militari e studiosi che avranno il compito di scoprire cosa sta succedendo nella profondità marine.
Consigliatissimo.

Titolo: P.S. I love you
Autrice: Cecilia Ahern
Titolo originale: P.S. I love you
Traduzione: Olivia Crosio
Editore: Bur Rizzoli
Collana: Narrativa
Pagine: 411
Prezzo: 9,50 €
Formato: brossura
Anno 1ª edizione originale: 2004
Anno 1ª edizione italiana: 2004 (Sonzogno)
Genere: romanzi rosa, chick lit
Codice ISBN: 978-88-17-02795-3
Trama: Holly e Gerry sono una di quelle coppie giovani e belle che vivono in simbiosi. Quando, all'improvviso, Gerry muore, Holly è devastata: vedova a soli ventinove anni, ha l'impressione che la sua vita non abbia più senso. È anche arrabbiata, si sente tradita, lui - suo marito, amante, miglior amico, la sua roccia - aveva promesso di non lasciarla mai, come può farcela da sola, ora? Ma Gerry non ha dimenticato, e trova il modo di farle avere una lettera ogni mese, con un messaggio per ritrovare la voglia di vivere e, soprattutto, con un dolcissimo P.S. I love you che spinge Holly, fra un pianto e un sorriso, ad aprirsi al domani. Perché la vita è fatta per essere vissuta, sempre.
(dalla quarta di copertina)
Giudizio personale: Questo è il romanzo con il quale, finalmente, inauguro la mia
Women Challenge 2014. Un romanzo che però mi ha lasciata a lunghi tratti un po' perplessa, salvo voi recuperare nel finale. Sono partita con grandi aspettative: un po' perché della Ahern avevo già letto
Un posto chiamato qui trovandolo molto carino, un po' perché ne avevo letto recensione entusiastiche praticamente ovunque. E ovviamente arrivo io a fare la bastian contraria. Ma procediamo con ordine…
La protagonista di questo libro è Holly, trentenne irlandese sposata con Gerry. I due formano una coppia perfetta, non perché manchino litigi o dissapori, ma per la loro meravigliosa alchimia. Un incastro di caratteri e personalità perfetto appunto. A squarciare la loro armonia però arriva l'indicibile: una terribile malattia che in breve tempo si porta via Gerry. Un dolore così forte e in un certo senso improvviso è difficile da gestire. Per Holly è l'inizio del periodo più cupo della sua vita; una sofferenza che sembra senza fine. Ma per lei Gerry ha ancora in serbo una sorpresa: prima di morire, infatti, scrive dieci lettere. Lettere che Holly dovrà aprire attenendosi scrupolosamente a due sole regole: la prima è che ad ogni lettera corrisponde un mese. Non potrà quindi aprirle a suo piacimento, ma solo ed esclusivamente nel mese a loro assegnato. La seconda è che aprendo quelle lettere Holly si impegna a fare tutto quanto vi troverà scritto, senza possibilità di tirarsi indietro, perché è Gerry che glielo sta chiedendo. Inizia così il lento ritorno alla normalità della protagonista.
Come potete notare gli ingredienti per un romanzo coinvolgente e strappalacrime ci sono proprio tutti; peraltro l'idea di queste lettere postume l'ho trovata davvero bellissima. Allora perché non sono convinta?
Credo dipenda fondamentalmente dalla protagonista, che è in tutto e per tutto distante anni luce da me. Holly è sostanzialmente priva di personalità a mio avviso. E mi riferisco al fatto che lei senza Gerry si sente vuota, ma non solo perché ha perso l'uomo della sua vita (e già questo basterebbe ad abbattere chiunque) ma perché la sua esistenza non riesce ad essere indipendente dall'uomo che ha accanto. E questo avviene ben prima del matrimonio e della poi di lui dipartita. È lei stessa ad affermare in più di un'occasione che i suoi amici sono quelli di Gerry, i suoi interessi sono quelli di Gerry, le sue passioni sono le stesse di Gerry. Cioè stiamo parlando di una donna nel fiore degli anni che non riesce a concepire la sua vita prescindendo dal marito. Tutto quello che lei fa, lo fa in funzione di… E questo per me è fuori da ogni umana comprensione. È vero che loro hanno questa sintonia bellissima e che li rende una coppia inossidabile, però questo non può essere una scusante per annullarsi completamente come persona al di fuori della coppia. Tanto è vero che con la morte di Gerry, Holly non soltanto perde il compagno di una vita, lei perde tutto quanto. Lei si ritrova a non avere più stimoli a fare niente perché al dolore della perdita somma la consapevolezza di non avere una vita sua. E questo rischia di non essere più amore, ma dipendenza (non è questo il caso perché l'amore che lega Holly e Gerry è davvero di quelli con la A maiuscola). Mi rendo anche conto però che una protagonista di questo tipo è perfetta per l'intreccio del romanzo. Gerry è infatti consapevole della mancanza di interessi della moglie, e proprio in funzione di questo le scrive quelle bellissime 10 lettere attraverso le quali la accompagna gradualmente verso la sua nuova vita. Una vita senza di lui. Un percorso quindi molto doloroso, e in cui non sempre Holly si impegna quanto dovrebbe.
Io invece ho una concezione di rapporto di coppia diametralmente opposta. Per me è fondamentale l'importanza del singolo individuo e la sua autodeterminazione, anche per salvaguardare la coppia stessa, ragion per cui l'impatto con la protagonista è stato un po' altalenante.
Ho apprezzato invece molto il lavoro che l'autrice fa sull'elaborazione del lutto. Tutte le parti che si concentrano sul dolore che Holly prova, i maldestri tentativi per cercare di nasconderlo, le incomprensioni con gli amici anch'essi colpiti terribilmente dalla perdita di Gerry, gli scoppi incontrollati di pianto e così via, sono molto veri. È così che ci si sente quando si perde qualcuno: incompresi, soli in mezzo a milioni di persone, talmente tristi da provare un dolore quasi fisico. Queste sono secondo me le parti migliori del romanzo, quelle che mi hanno coinvolto maggiormente.
Fin quasi alla fine, però, ero pronta a bocciare clamorosamente il libro. A un certo punto, infatti, la storia prende una piega che sembra portare ad un finale ampiamente prevedibile (e che mi avrebbe fatto andare su tutte le furie). Invece, quando meno te lo aspetti, il corso degli eventi prende un'altra direzione e io mi sono ritrovata letteralmente in lacrime alla penultima pagina, forse la meno commovente di tutto il romanzo. Un pianto liberatorio quasi, perché alla fine Holly è davvero la persona che merita di essere (era anche ora).
Un romanzo che alla fine mi sento comunque di consigliare, nonostante le mi aspre critiche, perché c'è comunque quell'amore che va oltre i confini della vita in cui, io acida zitella rampante, credo ancora.
Voto: 6,5
Colonna sonora: I will always love you di Whitney Houston
Consigliato: alle amanti delle storie d'amore senza tempo
Istruzioni per l'uso: munitevi di un'enorme quantità di fazzoletti, le lacrime sono dietro l'angolo
Buona Lettura!

Metti un sabato pomeriggio in una piccola libreria del centro di Bologna. Metti un cospicuo gruppo di donne appassionate di Jane Austen. Metti diverse blogger che finalmente passano dalla conoscenza virtuale a quella reale. E aggiungici tè e pasticcini. Shakera un po' e otterrai un piacevolissimo pomeriggio di chiacchiere e libri.
Questo è quello che, in poche parole, è successo ieri pomeriggio e di cui mi accingo a farvi un breve riassunto.
Per cominciare partiamo dalla Jane Austen Society of Italy (Jasit), associazione culturale nata con l'obiettivo di promuovere e divulgare la conoscenza e lo studio di Jane Austen. L’intento principale dei fondatori è, cito testualmente dal sito, "quello di rendere facilmente reperibili al pubblico italiano le informazioni, il materiale, la documentazione, i libri che altrimenti sarebbero disponibili solo in lingua inglese – e, quindi, non fruibili da parte di chi non ha dimestichezza con la lingua madre di Jane Austen."
Questa straordinaria associazione è stata creata da 5 altrettanto meravigliose persone (molti di voi le conosceranno già):
Ma veniamo a ieri pomeriggio. Le ragazze (e il ragazzo ^-^) di Jasit hanno organizzato un appuntamento di chiacchiere, tè e pasticcini interamente dedicato alla nostra mitica zia Jane. Grazie a loro e all'ospitalità della Libreria delle Donne di Bologna, posso dire di aver passato un pomeriggio davvero piacevole. Innanzi tutto dove c'è Jane io mi sento felice. Un'autrice che amo profondamente e che trovo estremamente moderna e anticonformista, molto più moderna di tante scrittrici contemporanee. Si è parlato molto di Orgoglio e Pregiudizio (romanzo che come sapete amo moltissimo) e della sua formidabile protagonista, Elizabeth Bennet. Poi si è passati all'ormai consolidato fenomeno dei derivati austeniani, che sono davvero tantissimi. Dalle ormai celeberrime serie create da Carrie Bebris e Stephanie Barron fino ai diari di Amanda Grange. Alcuni li conoscevo già molto bene, di altri ho preso nota perché qualche titolo che mi era sfuggito (ad esempio La zitella illetterata). È stata poi la volta di Mainsfield Park, romanzo di cui quest'anno ricorre il bicentenario. Questo è l'unico, insieme ad Emma, che ancora non ho letto, e sentirne parlare con così tanto trasporto ha stuzzicato ulteriormente la mia curiosità. Bè credo non ci sia modo migliore per festeggiare i duecento anni di un romanzo se non leggerlo per la prima volta… Non si è parlato poi solo di libri: una parte dell'incontro è stata infatti dedicata ai luoghi della Austen. Bath, Steventon, Chawton. Sentire Silvia raccontare il suo viaggio in questi luoghi ha solleticato la mia perenne voglia di viaggiare e già la mia mente sta cercando di organizzare una spedizione alla volta dell'Inghilterra, alla scoperta dei territori austeniani.
Il pomeriggio si è più o meno concluso così, fra amichevoli chiacchiere e qualche bella tazza di tè. Ma la parte più bella dell'intera giornata è stata la carrambata finale, ovvero l'incontro fra blogger.
All'appuntamento di ieri, infatti, ho partecipato insieme a Valentina (Peek a Book), che conosco da ormai quasi un anno e con la quale ho instaurato un bellissimo rapporto, e Sabina (Una fragola al giorno) che ho conosciuto proprio ieri (anche se ormai mi sembrava di conoscerla da sempre). Al termine dell'incontro poi abbiamo conosciuto Petra, Gabriella e Silvia. Forse a qualcuno sembrerò un po' pazza, ma per me è stato davvero un bel momento. Dopo esserci scritte, dopo aver commentato vicendevolmente i rispettivi blog per tanto tempo, è stato bello associare una persona reale ai nostri alter ego virtuali. Insomma dal tanto bistrattato internet ogni tanto nasce qualcosa di buono.
Quello di ieri è stato davvero un bellissimo pomeriggio, che spero possa ripetersi presto.

Potevo forse non rispolverare la mia rubrica dedicata all'amore nel giorno di San Valentino? Ovviamente no, perché anche le zitelle più acide come la sottoscritta, sotto sotto hanno un cuore tenero e pieno d'amore….
Per chi non lo sapesse,
Friday I'm in l❤ve è la rubrica che ho
creato nell'ormai lontano 2011, con il mero intento di condividere un po' d'amore letterario.
Ogni venerdì… ehm ehm diciamo qualche venerdì ogni tanto, condividerò con voi dei piccoli brani tratti da romanzi che mi hanno colpita e ovviamente, se non si fosse capito, saranno brani di puro e semplice amore.
Per la giornata di oggi, che sprizza cuori da ogni dove, ho scelto Persuasione, bellissimo romanzo di Jane Austen. L'ho scelto perché la sua intensità mi ha travolta. Perché questo amore così sofferto e contrastato mi ha davvero fatto battere il cuore, come poche volte mi era capitato. E ho scelto questo passaggio che secondo me sintetizza alla perfezione il senso del romanzo.
"Vi offro di nuovo il mio cuore che è ancor più vostro di quando lo spezzaste quasi otto anni e mezzo or sono. Non abbiate l'ardire di affermare che l'uomo dimentica più in fretta della donna, che il suo amore finisce prima. Non ho amato che voi. Ingiusto posso essere stato, debole e risentito lo sono certamente stato, ma incostante mai. Per voi soltanto sono tornato a Bath e senza di voi non posso immaginare il mio futuro."
Buon San Valentino lettori!

Bentrovati, cari lettori, per questa quarta puntata dei mie 30 giorni libreschi. (come sempre le info le trovate
qui)
Giorno 4/Versione 1: Favourite book of your favorite series
Come avevo scritto nel precedente post dei "30 Giorni", la mia serie letteraria preferita è quella creata da Patricia Cornwell e che ha per protagonista Kay Scarpetta. Scegliere il mio preferito fra i 21 romanzi (in realtà fra i 20 che ho letto) non è semplice. Così, d'istinto mi verrebbe da rispondere Postmortem, il primo della saga. Forse, anzi sicuramente, non è il migliore per trama e intreccio, ma è quello che pone le basi per una serie che ho amato tanto, e amo tutt'ora.
La storia è abbastanza semplice: un serial killer si aggira per le vie di Richmond. Ha già ucciso tre donne senza lasciare tracce dietro di sé. La dottoressa Kay Scarpetta, neo direttrice dell'istituto di medicina legale della Virgina, indaga a fondo per scoprire l'identità dell'assassino e porre così fine alla scia di paura e terrore che ha seminato per la città. Ma le indagini non sono affatto facili, anche perché Kay dovrà lottare contro lo scetticismo e il maschilismo dei colleghi.
Giorno 4/Versione 2: Il libro più brutto che tu abbia mai letto
Anche per questa domanda sono stata un po' indecisa. Ero lì lì per rispondere Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire, libro orribile sotto tutti i punti di vista, ma alla fine ho scelto I delitti di uno scrittore imperfetto di Mikkel Birkegaard.
Mamma mia che brutto romanzo. Non c'è niente che si salvi, ma niente davvero. Una trama banale e vista già molte volte, uno stile prolisso e per nulla coinvolgente e una violenza allucinante. Sì, perché ci sono dei passaggi ben oltre lo splatter. Violenza gratuita e fine a se stessa. L'ultimo capitolo è terrificante (e lo dico nel peggior senso possibile): io mi sono ritrovata a saltare non righe ma pagine intere. Pessimo pessimo pessimo. E pensare che nella fascetta promozionale lo descrivevano come "la miglior risposta danese a Stieg Larsson"… Ma con che coraggio?

Titolo: Misery
Autore: Stephen King
Titolo Originale: Misery
Traduzione: Tullio Dobner
Editore: Sperling & Kupfer
Collana: Super Best Seller
Pagine: 383
Prezzo: 9,90 €
Formato: brossura
Anno 1ª edizione originale: 1987
Anno 1ª edizione italiana: 1988
Genere: Thriller
Codice ISBN: 978-88-6061-589-3
Trama: Paul Sheldon, un celebre scrittore, viene sequestrato in una casa isolata del Colorado da una sua fanatica ammiratrice. Affetta da gravi turbe psichiche, la donna non gli perdona di avere «eliminato» Misery, il suo personaggio preferito, e gli impone, tra terribili sevizie, di «resuscitarla» in un nuovo romanzo. Paul non ha scelta, pur rendendosi conto che in certi casi la salvezza può essere peggio della morte… Un capolavoro dell'horror, un incubo raccapricciante che solo Stephen King poteva concepire.
(dalla quarta di copertina)
Giudizio personale: La mia relazione con Stephen King è iniziata da relativamente poco tempo, o meglio, è di quelle relazioni che iniziano lentamente, prendendosi da lontano, un passetto alla volta. Ma passo dopo passo diventa intensa e senza fine.
Lessi il mio primo King da adolescente, era Il miglio verde e me ne innamorai. Ancora oggi è uno dei miei romanzi preferiti. Qualche anno fa è stata la volta di The Dome che, nonostante un finale non proprio brillantissimo, mi piacque molto. Ma le sue opere migliori mi mancavano ancora, benché popolassero le librerie di casa già da diverso tempo. Il problema, in parte, è che io sono un po' fifona, adoro i gialli e i thriller (e questo si era capito) ma quando il genere tende all'horror mi tiro indietro perché lo so che poi non ci dormo. Morale della favola: ho rimandato la lettura di questo libro per anni, finché non mi sono fatta coraggio e l'ho iniziato…e ovviamente l'ho trovato strepitoso!
La trama ha tutti gli ingredienti per il thriller perfetto: uno scrittore famoso, Paul Sheldon, è vittima di un terribile incidente stradale. In fin di vita, viene "soccorso" dall'infermiera Annie Wilkes che però, dopo averlo salvato, lo segrega letteralmente in casa sua. Annie è un'ammiratrice di Sheldon e dei suoi romanzi, e non accetta che la sua amatissima Misery, protagonista di suddetti romanzi, sia morta. Costringe quindi Paul, tra sevizie e torture, a scrivere un nuovo libro con il quale resuscitarla. Ed è qui che esce il genio di King, perché lui riesce a conciliare meravigliosamente il terrore e la tensione della clausura forzata, con l'aspettativa curiosa e ansiosa per questa nuova opera di Sheldon.
Il lettore assiste quindi alla nascita di questo nuovo romanzo: come Paul trova l'ispirazione, quali sono i meccanismi che lo portano a determinate scelte narrative, l'intensa e travolgente passione con cui vive la scrittura nonostante il contesto traumatico. Egli infatti è diviso tra due forze potentissime: da una parte ci sono Annie e la sua pazzia, dalla quale vorrebbe scappare il più lontano possibile ponendo così fine al supplizio quotidiano. Dall'altra c'è l'egocentrismo dello scrittore che lo travolge con la stessa intensità di Annie e lo porta ad amare questa sua nuova creatura e a volerne vedere la conclusione. Così c'è il Paul che cerca possibili vie di fuga e di sopravvivenza, e il Paul della macchina da scrivere e del manoscritto al quale ormai non può, e non vuole, più rinunciare.
In tutto questo i personaggi sono descritti molto accuratamente, come del resto è tipico del "Re": tratteggiati e definiti alla perfezione, pare quasi di conoscerli. Annie non è soltanto un'ex infermiera pazza: è una donna maniacale nelle sue ossessioni, volubile nelle emozioni e meticolosa nell'assicurarsi che le cose vadano come vuole lei. È forte, violenta e irascibile con tendenze alla depressione, ma non è una stupida, tutt'altro. C'è persino una parte di lei che affascina Paul: la sua passione per la lettura, infatti, non è fine a se stessa. Lei non è, come può sembrare in principio, una semplice ammiratrice fanatica. Lei è preparata e con uno spirito critico ben sviluppato. Ed è più acuta di quanto sembri, quindi puoi provare a fregarla, ma non ci riuscirai. Questo suo lato, del tutto inaspettato, in un certo senso attrae Sheldon e gli offre nuovi stimoli per la stesura del romanzo. Anche il personaggio di Paul è molto articolato. In lui si alternano varie fasi: il terrore puro, la speranza (poca in verità), la creatività e la rinnovata passione per un personaggio prima detestato, infine la rassegnazione. Lui è quello che trova il coraggio di tentare l'evasione, ma è anche quello spaventato a tal punto da non riuscire a gridare quando potrebbe avere qualche possibilità. È quello che odia profondamente Annie e sogna di riuscire ad ucciderla ed è, contemporaneamente, quello che prova anche compassione per lei. Questo è il bello dei personaggi di King, la loro concretezza, le loro mille sfaccettature che li rendono tangibili.
L'intreccio è perfetto. Si parte piano, quasi dolcemente, con il risveglio del protagonista dal suo stato semicomatoso. Il dolore intenso delle sue ferite è attenuato dalle pillole che gli vengono somministrate, e questo andare e venire delle sue sofferenze è descritto grazie a un paragone azzeccatissimo: quello della marea che sale e scende. Grazie a questa metafora, il lettore è letteralmente preso dal romanzo, travolto da questa marea che va e viene, e insieme a lei arriva la paura. Man mano che la trama si evolve, infatti, la paura cresce, cresce la tensione e cresce l'ansia (io mi sono ritrovata in più occasioni tesa come una corda di violino). E più si procede nella lettura, più questa tensione aumenta vertiginosamente e sei talmente preso dalla romanzo che anche se sai quello che sta per accadere e vorresti smettere di leggere per evitare le scene forti (ce ne sono un paio da togliere il fiato) non puoi staccarti da quelle pagine. È letteralmente impossibile. È un vortice di emozioni del quale non puoi fare a meno, anche se sei una paurosa come me. E vale davvero la pena arrivare all'epilogo (la penultima pagina mi ha lasciata senza parole).
Questo non è un thriller. Questo è IL thriller!
Voto: 10
Citazione: "Quando ci lascia una persona speciale, una persona specialmente cara a tutti noi, troviamo difficile accettarlo, così può accadere che immaginiamo che non ci abbia veramente lasciati."
Colonna sonora: Waltz di Craig Armstrong
Consigliato: agli amanti del genere e ovviamente a che non è facilmente impressionabile (alcuni passaggi possono essere un po' forti)
Buona lettura!

"Ecco perché un libro è un fucile carico, nella casa del tuo vicino. Diamolo alle fiamme! Rendiamo inutile l'arma. Castriamo la mente dell'uomo."
(Ray Bradbury - "Fahrenheit 451")
Ho pensato a lungo a questo post e alla possibilità o meno di farlo. Ho sempre lasciato la politica fuori da questo blog, benché io ne sia un'appassionata, perché qui ho scelto di parlare d'altro. Ma per l'amore che provo per i libri e per la natura stessa del blog, non scriverlo sarebbe stato sbagliato. E anche impensabile.
Ovviamente mi riferisco alla foto, pubblicata su Facebook qualche giorno fa, che ritrae un libro di Corrado Augias in fiamme. Non voglio entrare nel merito politico, anche se chi mi segue ad esempio su Twitter sa benissimo come la penso, voglio soffermarmi unicamente sul gesto. Il gesto di bruciare un libro. Una cosa che trovo aberrante. Un'azione che riporta alla memoria tempi bui, terribili per l'umanità. Non sto parlando soltanto dei roghi di epoca nazista, prologo di quello che è stato uno dei capitoli più cupi della storia del mondo. Parlo del "Falò delle vanità" di fine '400, del Cile di Pinochet, della Santa Inquisizione e l'indice dei libri proibiti e così via. Dalla notte dei tempi, l'idea di proibire etichettare bruciare i libri non ha mai fatto parte della democrazia, ma anzi è stata l'emblema della chiusura mentale, del totalitarismo.
È chiaro, evidentemente, che non voglio paragonare il gesto di un imbecille al nazismo, non sono così esagerata. Ma non posso nemmeno fare finta di niente; non riesco a passare sopra un'azione che trovo così pericolosa, nel suo significato più profondo. E mi fanno arrabbiare ancor di più quelli che minimizzano, quelli che "Ma cosa volete che sia? È solo una provocazione". No, non è una provocazione. E anche se lo fosse, sarebbe la provocazione più stupida che abbia mai visto. I libri non si bruciano. Punto. E non perché siano tutti belli, ci mancherebbe. È ciò che il libro rappresenta che per me è sacro: conoscenza, sapere, cultura. L'idea stessa di bruciare un libro, foss'anche un romanzo di Moccia, mi fa rabbrividire. Se vuoi provocare, attirare l'attenzione o lecitamente criticare qualsiasi cosa, ci sono modi maturi e intelligenti per farlo. Se, invece, il concetto di bruciare un libro ti è proprio, forse dovresti farti qualche domanda. Forse dovresti chiederti qual è la tua idea di democrazia. Ma soprattutto, forse qualche libro dovresti cominciare almeno a leggerlo.
Guardate che siamo, in pochi mesi, al secondo episodio di questo tipo (a dicembre, durante una manifestazione dei forconi, fu "assaltata" la libreria Ubik di Torino, al grido "Chiudete la libreria, bruciate i libri"). E in un paese che considera la cultura meno di zero, questi sono segnali che preferirei non ignorare.
"Capite ora perché i libri sono odiati e temuti? Perché rivelano i pori sulla faccia della vita. La gente comoda vuole soltanto facce di luna piena, di cera, facce senza pori, senza peli, inespressive."
(Ray Bradbury - "Fahrenheit 451")

Buonasera lettori! Eccomi qui con il terzo post dedicato ai miei 30 giorni di libri.
Come sempre
qui trovate tutte le informazioni del caso.
Giorno 3/Versione 1: Your favorite series
Questa per me è abbastanza facile. Le saghe letterarie mi piacciono moltissimo, perché mi affeziono ai personaggi, mi piace seguirne l'evoluzione e la crescita, quindi mi ci appassiono molto facilmente. La mia preferita in assoluto, quella a cui sono più legata è la serie creata da Patricia Cornwell, che ha per protagonista Kay Scarpetta.
Ad inaugurare la serie è il romanzo Postmortem, del 1990. Scarpetta è un'anatomopatologa forense appena nominata direttrice dell'Istituto di Medicina Legale di Richmond e proprio in virtù di questa nomina si scontra quotidianamente col il maschilismo bigotto di quegli anni. Lei è una donna tenace, forte, eternamente caparbia e preparata alla quale è impossibile non affezionarsi. Postmortem è inoltre il capostipite di un nuovo genere crime, dove le indagini scientifiche non sono più semplici comparse, ma protagoniste a tutti gli effetti.
La saga si compone di 21 romanzi di cui l'ultimo, Dust, ancora inedito in Italia.
Giorno 3/Versione 2: Il tuo personaggio preferito di un libro che hai letto.
Questa invece non è stata affatto semplice. Ci sono molti personaggi che ho adorato, amato follemente. Personaggi verso i quali nutro un affetto sincero (lo so, sono un po' pazza) e che vorrei fossero persone in carne e ossa per poterci parlare, discutere, bere un tè assieme. Sceglierne uno, quindi, è davvero complicato. Pensandoci bene credo che il mio preferito in assoluto sia Cosimo Piovasco Barone di Rondò, protagonista de Il Barone rampante di Italo Calvino.
Mi piace tutto di lui: il suo anticonformismo, il suo essere rivoluzionario e appassionato, la sua testardaggine. Tutto. Più leggevo il romanzo, più mi innamoravo di lui.
Un personaggio completo, profondo, intenso. Unico.

Che l'Italia fosse un Paese di non lettori è cosa ormai risaputa, ma leggere i dati dell'ultimo rapporto Istat sulla
Produzione e lettura di libri in Italia lascia senza parole. Vedere quei numeri allarmanti messi lì, nero su bianco, mi ha lasciata sempre più sconfortata sul futuro del Bel Paese.
I numeri parlano chiaro: nel 2013, cito testualmente, oltre 24 milioni di persone di 6 anni e più dichiarano di aver letto, nei 12 mesi precedenti l’intervista, almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali. Rispetto al 2012, la quota di lettori di libri è scesa dal 46% al 43%. […] Il numero di libri letti è comunque modesto: tra i lettori il 46,6% ha letto al massimo tre libri in 12 mesi.
Vuol dire che la maggioranza degli italiani non apre nemmeno un libro all'anno.
Dai dati emerge inoltre una differenza di genere nella propensione alla lettura: leggono infatti almeno un libro l'anno il 49,3% delle donne contro il 36,4% degli uomini. E prima che qualche buontempone mi dica che le donne leggono di più perché non hanno niente da fare (sì, ho sentito anche queste castronerie) ci tengo a sottolineare che questa disparità di comportamento inizia a manifestarsi in età scolare, dagli 11 anni. Permangono purtroppo anche le differenze territoriali: nelle regioni del Nord i lettori sono la metà della popolazione (50,1% nel Nord-ovest, 51,3% nel Nord-est), nel Sud e nelle Isole questa quota scende al 30,7%.
Di questa analisi, peraltro molto dettagliata, ci sono diverse cose che mi hanno colpita. La prima è che una famiglia su dieci non ha neanche un libro in casa. Nessuno. La seconda è che i lettori sono quelli che partecipano di più alla "vita culturale" italiana. In sintesi, cito sempre testualmente, la partecipazione culturale è tanto più elevata quanto più si legge. Insomma, chi legge frequenta più spesso cinema, teatri, musei, siti archeologici, concerti e così via. Sempre a dimostrare che si legge non perché non si ha di meglio da fare o perché ci si annoia (sì, ho sentito anche questo).
Un altro dato secondo me significativo è quello relativo alla categoria dei non-lettori: fra chi si autodefinisce non-lettore, ovvero un italiano su due, il 21,8% è rappresentato da laureati, cioè da chi si presume dovrebbe avere una maggior propensione alla cultura. In realtà questo non mi sconvolge più di tanto, ma anzi è un'ulteriore conferma (purtroppo) a quello che ho sempre pensato, ossia che troppo spesso laurea non è sinonimo di preparazione e ancor meno di cultura.

Ma dopo questa sequela di numeri desolanti, la domanda sorge spontanea:
perché in Italia si legge così poco?
Me lo sono chiesta davvero moltissime volte e, onestamente, non credo di aver trovato delle risposte esaustive, ma vorrei comunque cercare di esporre il mio personalissimo pensiero a riguardo.
Innanzi tutto credo sia un problema, passatemi il gioco di parole, culturale. Siamo il Paese del "con la cultura non si mangia" e del "beato chi ha il tempo di leggere, perché vuol dire che ha tempo da perdere". Aberrante!
È abbastanza chiaro che con simili presupposti la lettura non trovi terreno fertile. I lettori sono generalmente guardati male, quasi con sospetto, spesso etichettati come asociali o noiosi o radical chic da quattro soldi. Sì, le ho sentite tutte queste cose, dette da persone che orgogliosamente si vantavano di non leggere nemmeno la guida tv (ecco, io personalmente non ho nulla contro chi non legge. Liberissimi di farlo, per carità, ma "l'apologia della non lettura" mi pare un po' eccessiva!).
A questo va poi aggiunto che l'Italia investe in cultura solo l'1,1% del Pil (siamo al penultimo posto nell'Unione Europea), pur avendo una ricchezza da questo punto di vista pari a nessuno nel mondo.
Il contesto culturale in cui il lettore medio italiano si muove è dunque piuttosto avvilente. E la scuola, massacrata a suon di tagli costanti, non fa che peggiorare una situazione già drammatica. Quando la lettura viene vissuta come un obbligo, e non come un piacere e una fonte di arricchimento, è chiaro che non potrà diventare mai una passione e una volta finiti gli studi non ci si ricorderà nemmeno più come è fatto un libro. Insomma, non leggere è un diritto sacrosanto che però si porta dietro delle conseguenze non indifferenti. Non leggere significa non informarsi, non ampliare i propri orizzonti. Non leggere, per quel che mi riguarda, è un po' un non voler conoscere l'altro, il diverso. E con diverso intendo tutto ciò che noi non siamo, per cultura, orientamento religioso, sesso, etnia. Leggere, per me, è aprirsi agli altri, al mondo.
Forse vi sembrerò un tantino eccessiva nei toni, un po' troppo disfattista. Io credo invece di non esserlo abbastanza. Questi dati dovrebbe farci seriamente riflettere, soprattutto se accompagnati da un'altra serie di dati ancor più preoccupanti, quelli sull'analfabetismo funzionale che in Italia tocca percentuali allucinanti. Siamo primi fra i paesi sviluppati. Un bel primato, non c'è che dire.
Secondo il linguista italiano Tullio De Mauro “soltanto il 20 per cento della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea”. Questo significa che la la maggior parte degli italiani è in grado sì di leggere, ma non comprende quello che sta leggendo. E questa cosa ce l'abbiamo sotto gli occhi quotidianamente, al lavoro, tra amici, su internet. E andando avanti di questo passo le cose non potranno che peggiorare se non cambiamo mentalità. Lo sviluppo e il progresso di un Paese passano anche e soprattutto da qui.
Per approfondire:
E secondo voi perché in Italia non li legge? Ed è così grave come penso o sono un po' esagerata?

Titolo: Gli sdraiati
Autore: Michele Serra
Editore: Feltrinelli
Collana: I Narratori
Pagine: 108
Prezzo: 12,00 €
Formato: brossura
Anno 1ª edizione: 2013
Genere: narrativa
Codice ISBN: 978-88-07-01834-3
Trama: Forse sono di là, forse sono altrove. In genere dormono quando il resto del mondo è sveglio, e vegliano quando il resto del mondo sta dormendo. Sono gli sdraiati. I figli adolescenti, i figli già ragazzi. Michele Serra si inoltra in quel mondo misterioso. Non risparmia niente ai figli, niente ai padri. Racconta l’estraneità, i conflitti, le occasioni perdute, il montare del senso di colpa, il formicolare di un’ostilità che nessuna saggezza riesce a placare. Quando è successo? Come è successo? Dove ci siamo persi? E basterà, per ritrovarci, il disperato, patetico invito che il padre reitera al figlio per una passeggiata in montagna? Fra burrasche psichiche, satira sociale, orgogliose impennate di relativismo etico, il racconto affonda nel mondo ignoto dei figli e in quello almeno altrettanto ignoto dei “dopopadri”. Gli sdraiati è un romanzo comico, un romanzo di avventure, una storia di rabbia, amore e malinconia. Ed è anche il piccolo monumento a una generazione che si è allungata orizzontalmente nel mondo, e forse da quella posizione riesce a vedere cose che gli “eretti” non vedono più, non vedono ancora, hanno smesso di vedere.
(dal risvolto di copertina)
Giudizio personale: Il rapporto genitore/figli è forse il più complesso che l'evoluzione della specie abbia generato. Passano i secoli e i millenni, ma questo legame indissolubile è e sarà sempre quanto di più contorto ci possa essere nella nostra vita. Noi (i figli) non capiamo loro, loro (i genitori) non capiscono noi e così via, in circolo vizioso senza possibilità di soluzione. Tantissimi libri sono stati scritti a tal proposito, innumerevoli trattati e manuali di "sostegno", e anche Michele Serra ha voluto dire la sua, con la grazia e l'ironia che da sempre lo contraddistinguono.
Una piccola premessa, però, mi è d'obbligo prima di questa recensione: io adoro Michele Serra. Amo alla follia il suo stile, la sua ironia e gli invidio tantissimo la sua meravigliosa capacità di sintesi: cosa non darei per saper racchiudere il mio pensiero su qualsivoglia argomento nelle favolose 10 righe dell'Amaca. Questa piccola digressione per prepararvi al fatto che forse il post che seguirà non brillerà molto per obiettività… Ma torniamo a noi...
In questo breve romanzo, se così può essere definito
Gli sdraiati, Serra racconta il complicato rapporto di una padre, Serra, con il figlio adolescente. Complicato perché, come è giusto che sia, questo padre e questo figlio proprio non si capiscono. Il giovane è un po' lo stereotipo dell'adolescente dei nostri giorni: perennemente attaccato a smartphone e computer, annoiato il più delle volte, zero interessi degni di nota e un attaccamento quasi morboso al divano dove è, appunto, sdraiato il più delle volte. Più che evoluzione della specie un'involuzione, un ritorno all'età della pietra.
Il padre guarda il figlio, lo osserva incuriosito, ne "studia" i rapporti sociali e le mode, si lamenta della sua insofferenza e la sua mancanza di interesse per ciò che lo circonda, consapevole però che per ogni padre, in qualsiasi momento storico, la propria generazione è stata migliore di quella successiva.
La narrazione procede poi su due binari paralleli: se da una parte abbiamo questo incontro/scontro genitore-figlio, dall'altra Serra ci racconta di un futuro in cui si scatenerà una guerra fra giovani e vecchi, la Grande Guerra Finale. E in questa parte di libro, si immagina legioni di vecchie cariatidi, in numero molto superiore rispetto ai ragazzi del Fronte di Liberazione Giovanile, pronte a tutto pur di vincere, ben sapendo che gli anni che resta loro da vivere non sono molti.
Questo alternarsi della trama, questo intreccio tra un presente esilarante e un immaginario (mica tanto) futuro gerontocratico trasportano il lettore in questa storia di sincero e profondo amore paterno, tra diversità e incomprensioni che un po' tutti abbiamo vissuto.
Una lettura davvero piacevole e consigliata.
Voto: 7,5
Citazione: "
Tu che hai difronte un dopopadre esitante e in fondo complice, possibile che non capisca la fortuna che hai? Lo so bene che non basta, come Senso della Vita, un water pulito. Non sono così cretino. Ma il brivido (inedito nei secoli) di una relativa libertà, possibile che debba generare solo sciatteria e malessere, pigrizia e malumore, e non, anche, la condivisione di un sollievo, quello di avere finalmente abbattuto, tutti insieme, quel totem inumano, feroce, castrante che è l'Assoluto?"
Colonna sonora: Father and son di Cat Stevens
Consigliato: a chi ha voglia di regalarsi un pomeriggio di ironia.
Buona lettura!

Anno nuovo, rubrica nuova.
Ebbene sì, oggi ho proprio voglia di inaugurare questa nuova rubrica a cadenza mensile che sarà, niente di più niente di meno, un piccolo riassunto del mese appena trascorso. Una sorta di incrocio tra due rubriche che sicuramente conoscete tutti: la
Weekly Recap di
Il Piacere della lettura e la splendida
Una fragola al mese di
Una fragola al giorno (è la mia preferita, da sempre!).
L'ho chiamata, con molto poca fantasia,
Inventario del mese. (abbiate pazienza, ho appena chiuso l'inventario al lavoro e questo è stato il primo nome che mi è venuto in mente. Sono senza speranza lo so '^.^)
Ora però, basta ciarlare e veniamo al dunque…
Libri letti:
Gennaio è partito alla grande sul piano letture, per poi arenarsi un po' negli ultimi 10 giorni. Sta di fatto che questo mese ho letto 3 libri:
-
Harry Potter e i doni della morte di J.K. Rowling (ho finito la saga finalmente, e in un bagno di lacrime)
-
Taci! Sei morto! di Katarina Mazetti (di cui potete leggere la recensione
qui)
-
P.S. I love you di Cecilia Ahern
New entry:
Questo mese sono stata davvero brava. Ho ridotto gli acquisti al minino, riuscendo persino a entrare in libreria e ad uscirne a mani vuote per ben due volte. Un miracolo praticamente.
Comunque, l'unica new entry è
Identici di Scott Turow. Spero non mi deluda.

Kindle County, 1982. Al termine di un party a casa di Zeus Kronon, influente membro della locale comunità greco-ortodossa, sua figlia Dita, bellissima e anticonformista, viene trovata uccisa nella sua camera da letto. La ragazza era fidanzata con Cass Gianis, il cui padre è l'acerrimo rivale di Zeus, e per questo motivo la loro unione era malvista da entrambe le famiglie. Cass, il cui fratello gemello Paul è agli inizi di una promettente carriera legale, si dichiara subito colpevole dell'omicidio e viene condannato a venticinque anni di reclusione. Allo scadere della pena, Cass è pronto a uscire di prigione, proprio mentre Paul, nel frattempo divenuto senatore, è il candidato favorito per la poltrona di sindaco della Kindle County. Ma il ritorno di Cass può trasformarsi per lui in un'arma a doppio taglio, specie quando il fratello di Dita chiede la riapertura delle indagini, accusando Paul di avere avuto un ruolo nell'omicidio della ragazza. Cosa è successo realmente quella notte di tanti anni prima? È stato davvero Cass a uccidere Dita? E perché? Quale segreto nascondono i due gemelli? A ricostruire la vicenda saranno Evon Miller, ex agente speciale dell'FBI ora a capo della sicurezza dell'azienda dei Kronon, e l'anziano investigatore Tim Brodie, che all'epoca si era occupato del caso. Quella dei Kronon e dei Gianis è la storia di una battaglia infinita e senza esclusione di colpi tra due famiglie che cercano la loro unica e illusoria verità inseguendo una giustizia sempre sfuggente. Ispirandosi liberamente all'antico mito greco di Castore e Polluce, in questo nuovo straordinario legal thriller Scott Turow mette in scena una vicenda appassionante fatta di oscure rivalità familiari, rapporti ambigui e segreti tenuti nascosti troppo a lungo, regalandoci un finale davvero sorprendente.
Il meglio del mese:
Sicuramente la migliore lettura del mese, neanche a dirlo, è stata Harry Potter. Avevo quasi un timore reverenziale ad iniziare l'ultimo capitolo della saga, ma una volta cominciato è stato un crescendo di emozioni. Divorato, letteralmente, tra mille lacrime. In arrivo, a breve, la recensione.
Il peggio del mese:
Ecco, un peggio questo mese forse non c'è. Indubbiamente, però, il libro che mi ha lasciato più perplessa è stato quello della Ahern. Non è che non mi sia piaciuto, però ci sono diverse cose che proprio ho mal digerito. Holly, la protagonista, è più o meno il mio esatto opposto e quindi ho impiegato parecchio tempo ad entrare in sintonia con lei, o quantomeno a farmela piacere.
Il post più letto:
Il post che è stato visualizzato di più a gennaio e quindi, spero, letto di più è quello dedicato alla recensione di
Taci! Sei Morto!
Spero vi sia piaciuta e soprattutto spero vi piacerà il romanzo, qualora decidiate di leggerlo :-)
Per questo mese è tutto… E il vostro gennaio come è stato?

Dati tecnici:
Titolo: Harry Potter e la pietra filosofale
Titolo originale: Harry Potter and the Sorcerer's Stone
Nazione: Gran Bretagna/USA
Anno: 2001
Genere: Fantastico
Durata: 142 minuti
Regia: Chris Columbus
Cast: Daniel Radcliffe, Rupert Grint, Emma Watson, Maggie Smith, Richard Harris, Robbie Coltrane, Julie Walters, Ian Hart, Alan Rickman
Produzione: Heyday Films, Warner Bros.
Distribuzione: Warner Bros.
Probabilmente questo post è assolutamente inutile, visto che ormai anche i sassi conoscono Harry Potter, ma volendo riprendere questa rubrica che mi piace tanto ho pensato subito a questo film. Forse perché esco da una full immersion natalizia dedicata all'intera saga del maghetto di Hogwarts.
Per quelli che non conoscono la storia (perché forse negli ultimi anni hanno vissuto su Marte),
Harry Potter e la pietra filosofale, tratto dall'omonimo
romanzo di J.K. Rowling, narra le vicende del giovane Harry che, al compimento dell'undicesimo anno di età, scopre di essere un mago e di avere il diritto di frequentare la più grande scuola di magia e stregoneria della Gran Bretagna: Hogwarts. Per il giovane maghetto, rimasto orfano ancora in fasce, questa notizia improvvisa lo catapulterà in un nuovo e fantastico mondo, nel quale finalmente potrà conoscere il significato della parola amicizia.

Come avevo già accennato in diverse occasioni, sono arrivata alla saga cinematografica ben prima di aver letto i sette romanzi della Rowling. Vidi questo primo capitolo della fortunatissima serie appena uscito, in un cinema pieno di bambini e ragazzini che di Harry Potter sapevano già tutto. Io, che all'epoca consideravo quel romanzo come un semplicissimo libro per bambini, rimasi entusiasta del film. Me ne innamorai letteralmente. Non c'era niente che non mi avesse colpito: la storia, la scenografia, la musica, l'ambientazione, per non parlare dei personaggi. E questa visione pre-libro, con conseguente folle innamoramento, mi hanno permesso, forse, di apprezzare maggiormente il film anche dopo averne letto il romanzo. Anche oggi, infatti, amo molto questo film e tutto sommato lo trovo molto fedele all'opera della Rowling. Innanzi tutto non ci sono grossi stravolgimenti od omissioni: la trasposizione cinematografica rispecchia fedelmente il libro, ad eccezioni di alcune piccole parti del finale. Questi piccoli cambiamenti però sono essenzialmente funzionali al film e non alterano il senso del romanzo.
La scelta dei personaggi mi è sembrata molto azzeccata. Su tutti spiccano Maggie Smith (che adoro) e Alan Rickman che ho trovato perfetti per i rispettivi ruoli della professoressa McGranitt e del professor Piton. Anche la scelta dei tre giovani protagonisti mi è sembrata ottima, anche se Daniel Radcliff non corrisponde esattamente alla descrizione che la scrittrice inglese fa di Harry nel libro, ma in questo caso temo di essere poco obiettiva per via dell'affetto che ho provato sin da subito per gli Harry Ron e Hermione cinematografici.
Curiosità: quando la Rowling ha venduto i diritti alla Warner Bros. per la realizzazione del film ha "preteso" che il cast fosse interamente inglese o irlandese (non americano quindi), al fine di mantenere le radici culturali del libro.
Sicuramente però, la cosa che ho apprezzato maggiormente è stata la fotografia. Impeccabile, secondo me. A mio modesto parere i paesaggi e le ambientazione ricreano quasi alla perfezione le atmosfere evocate dalla versione letteraria. Le vallate e la natura tipicamente britannica avvolgono lo spettatore completamente, e il castello è talmente perfetto che ogni volta che lo guardo spero sempre arrivi anche a me quella benedetta lettera :-)
Insomma il mio giudizio è, almeno per questa volta, molto positivo. Cosa che, purtroppo, non resterà tale per i prossimi capitoli della saga. Ma questa è un'altra storia e non voglio anticiparvi niente…
Voto:
Film: 9
Adattamento: 7,5

Rieccomi qui a raccontarvi i miei 30 giorni di libri.
Qui trovate tutte le info a riguardo.
Giorno 2/Versione 1: A book that you’ve read more than 3 times
Come mi è già capitato di ripetere in passato, non sono solita rileggere i libri quindi questa la potrei bypassare tranquillamente. Invece no e scardino un po' le regole del gioco segnalandovi uno dei pochissimi libri che ho letto due volte, ovvero Bar Sport di Stefano Benni. Letto la prima volta ai tempi della scuola e poi ripreso qualche anno fa, poco prima dell'uscita dell'omonima trasposizione cinematografica. Amato molto alla prima lettura, amato ancor di più alla seconda. Un po' perché ambientato nella mia Bologna, un po' perché si parla anche di calcio, un po' perché ci ho rivisto molte cose della mia infanzia e moltissimo dei racconti dei miei nonni e di quando lavoravano in un bar. Molto divertente. E ovviamente consigliassimo.
Giorno 2/Versione 2: La tua citazione preferita.
Questa è facile. Non ho nemmeno avuto bisogno di pensarci. Ho scelto una frase tratta da Il Barone Rampante di Italo Calvino:
"Tutte belle cose, però io avevo l'impressione che in quel tempo mio fratello non sole fosse del tutto ammattito, ma andasse anche un poco imbecillendosi, cosa questa più grave e dolorosa, perché la pazzia è una forza della natura, nel male e nel bene, mentre la minchioneria è una debolezza della natura, senza contropartita."
Questo romanzo è ricco di citazioni meravigliose. Tutto il romanzo è meraviglioso. Eppure questo è uno dei passaggi che più mi è rimasto impresso, sicuramente non il migliore, ma molto calzante per tante cose che vedo in giro.

Titolo: Un posto chiamato qui
Autrice: Cecilia Ahern
Titolo originale: A Place Called Here
Traduzione: Marcella Maffi
Editore: Rizzoli
Collana: Bur Narrativa
Pagine: 393
Prezzo: 9,50 €
Formato: brossura
Anno 1ª edizione originale: 2006
Anno 1ª edizione italiana: 2007 (Sonzogno)
Genere: romanzi rosa, chick lit,
Codice ISBN: 978-88-17-03093-9
Trama: Da quando una sua compagna di classe, anni prima, è scomparsa nel nulla, Sandy Shortt è ossessionata dalla paura della perdita: per questo ha dedicato la propria vita a cercare persone scomparse. Ma un giorno è proprio lei a scomparire: mentre fa jogging imbocca un sentiero poco tracciato in un bosco, e si ritrova in un luogo magico. Un posto chiamato Qui, dove finiscono tutte le cose e le persone smarrite, tutte le sensazioni, le voci, i suoni e gli odori dimenticati. Sandy vi ritrova oggetti perduti e le persone che ha cercato per tutta la vita, scordandosi di cercare se stessa. E ora, lontana dai propri cari e dalla casa da cui per tanti anni è fuggita, vuole una sola cosa: tornare indietro.
(dalla quarta di copertina)
Giudizio personale: Avete presente quando cercate qualcosa, ma non riuscite a trovarla? Un oggetto o anche un indumento che siete sicuri di aver visto sulla vostra scrivania o nel vostro armadio esattamente ieri ma che adesso è letteralmente sparito? Ribaltate casa, guardate ovunque, in ogni luogo e in ogni lago direbbe qualcuno, senza però ottenere nessun risultato se non un terribile senso di fastidio. Quella cosa non può essersi volatilizzata, ma di fatto risulta introvabile. Ecco questo romanzo parte da questo, dal "teorema" del calzino spaiato.
Chi di noi non ha almeno un calzino spaiato a casa? Io ho perso il conto, ormai faccio coppie di calzini spaiati. Non è che la lavatrice se li mangi, semplicemente spariscono. Il punto però è: dove caspita vanno a finire? Ed è su questa domanda che Sandy Shortt basa la sua vita. Tutto comincia quando è ancora una bambina: Jenny-May Butler, sua compagna di classe, scompare nel nulla. La polizia irlandese indaga a fondo, ma di Jenny non c'è traccia. Fuga volontaria? Rapimento? Nessuno riesce a trovare risposte e questa sparizione inspiegabile colpisce nel profondo Sandy, che comincia a vivere nel terrore della perdita. Diventa prima un'ossessione e poi, da adulta, un lavoro. Lei è bravissima a ritrovare le persone, vi si dedica anima e corpo, trascurando perfino se stessa. Poi, una mattina, è lei a scomparire. E riappare in un luogo strano, speciale. Un posto chiamato "Qui". Qui è il luogo dove vanno a finire tutte le cose e le persone smarrite. Potete trovarci di tutto, ma proprio tutto: oggetti di uso comune, indumenti, suoni, voci (e ovviamente un'enorme quantità di calzini spaiati). Disorientata e un po' spaventata, ora la domanda che assilla Sandy è: riuscirò a tornare indietro?
Perché nel "Qui" sembra che tutti vivano sereni e che ci sia una sorta di equilibrio cosmico dal quale è impossibile scappare. Come spesso accade, però, l'apparenza inganna e nemmeno qui va davvero tutto bene. È in questo momento, però, in un luogo al di fuori del tempo, che Sandy ha la possibilità di guardarsi dentro, di esaminare a fondo la sua vita.
Non voglio svelare oltre, perché questo romanzo va gustato pian piano. Per me è stata una piacevolissima scoperta. Non avevo letto nulla della Ahern, ma ne avevo sempre sentito parlare molto bene. Il suo stile mi è piaciuto: fresco, leggero e coinvolgente, l'ideale per una lettura tranquilla e sbarazzina. L'intreccio alterna momenti divertenti a momenti più riflessivi, nei quali tutte le paure e le ossessioni di Sandy vengono analizzate. Il suo personaggio mi è piaciuto davvero, anche perché non è la solita bellona protagonista di molti romanzi rosa. È una ragazza normale. Una donna forte e determinata quando si tratta di trovare le persone scomparse, ma fragile e piena di insicurezze nella sua vita privata. La sua ossessione per le sparizioni la porta a stringere un legame forte con i famigliari degli scomparsi, una sorta di empatia che solo lei riesce a provare. Perché lei capisce il loro dolore, il loro senso di vuoto e impotenza, rendendola unica.
Un libro davvero consigliato.
E poi chissà, magari un Qui esiste davvero da qualche parte, dove chi ha scelto di sparire possa aver trovato un po' di serenità.
Voto: 7,5
Citazione: "
A volte, la gente può svanire proprio davanti ai nostri occhi.
A volte, la gente ci scopre all'improvviso, anche se ci ha sempre avuto davanti.
A volte, se non prestiamo abbastanza attenzione, capita che non riusciamo più a vedere noi stessi…"
Consigliato: agli amanti del genere e a chi ha voglia di una lettura legge a ma gradevole
Istruzioni per l'uso: accompagnare la lettura da tanto tanto tè caldo.

Quest'anno mi sono ripromessa di partecipare a poche sfide letterarie, che tanto so già come vanno a finire. Ne accumulo in quantità industriali e poi leggo quello che mi pare, per la serie "Ciao sfida, è stato bello anche se è durato poco. Possiamo rimanere amici".
A qualcuna proprio non riesco a resistere però, perché rappresentano davvero uno stimolo a leggere qualcosa di diverso dal solito.
Oltre alla già citata
Women Challenge e alla sfida dei
Gialli Mondadori di Goodreads, partecipo alla sfida dei
Buoni Propositi del gruppo
Readers Challenge di aNobii.
Nonostante abbia miseramente fallita la sfida nei due anni precedenti non mollo. Chissà che questa non sia la volta buona :-)
Bando alle ciance, ecco la mia lista:
A)Leggere 7 libri: 2 a piacere, 1 libro fantasy, due gialli-noir e due romanzi storici
1. Io sono leggenda di Richard Matheson (176 p.)
2. The Help di Kathryn Stockett (526 p.)
3. Cacciatori di vampiri di Colleen Gleason (279 p.)
4. Il re dei giochi di Marco Malvaldi (192 p.)
5. Uomini che odiano le donne di Stieg Larsson (676 p.)
6. Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa (254 p.)
7. I tre moschettieri di Alexandre Dumas (686 p.)
B)Leggere 4 libri di scrittori che vorremmo conoscere ( e dei quali, dunque non abbiamo mai letto niente)
1. Il giovane Holden di J.D. Salinger (242 p.)
2. La svastica sul sole di Philip K. Dick (336 p.)
3. L’isola della paura di Dennis Lehane (376 p.)
Don Camillo di Giovannino Guareschi (289 p.)
C)leggere 3 libri di uno stesso autore
1. Corpi freddi di Kathy Reichs (465 p.)
2. Cadaveri innocenti di Kathy Reichs (394 p.)
3. Resti umani di Kathy Reichs (463 p.)
D)leggere 3 saggi
1. Un altro giro di giostra di Tiziano Terzani (578 p.)
2. Gli spiriti non dimenticano di Vittorio Zucconi (375 p.)
3. Penelope alla guerra di Oriana Fallaci (261 p.)
E)leggere 2 libri consigliati da altri partecipanti che prenderanno spunto dai vostri libri “Non letti"
1.
2.
F)leggere 3 libri pubblicati tra il 1800 e il 1940
1. Emma di Jane Austen (1816) (528 p.)
2. Addio alle armi di Hernest Hemingway (1929) (308 p.)
3. Le avventure di Tom Sawyer di Mark Twain (1876) (284 p.)
Che ne dite? Ho scelto bene? Spero proprio di sì.

Eccomi finalmente pronta a partire con il primo giorno di questi
30 giorni di libri (lo so già, saranno sicuramente più di 30 alla fine).
Qui potete trovare tutte le info.
Giorno 1/Versione 1: Best book you read last year
Come avevo già anticipato nel tag delle letture del 2013, lo scorso anno non ho letto moltissimo, però le letture sono state poche ma buone. Per fortuna.
Molti mi hanno colpita, ma sicuramente quello che mi è rimasto di più nel cuore è Margherita Dolcevita di Stefano Benni.
Ho adorato la protagonista dalle primissime pagine, da subito mi sono sentita in sintonia con lei. Un po' cinica, ironica e con la testa un po' tra le nuvole. Presto ve ne parlerò con una recensione ben dettagliata.
Giorno 1/Versione 2: Il tuo libro preferito
Scelta difficilissima. Ci sono almeno 5 o 6 libri che considero i miei preferiti e sceglierne uno solo mi pare un po' un'ingiustizia. :-) Ma ci provo.
Ho scelto Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen perché è stato per me una rivelazione. Lo inizia aspettandomi un romanzetto strappalacrime e sdolcinato già sicura che lo avrei detestato. Invece ho amato alla follia ogni pagina, ogni dialogo, ogni descrizione dell'Inghilterra ottocentesca. Ho adorato Lizzie e il suo essere donna forte e determinata in un'epoca in cui le donne erano considerate solo carne da matrimonio e incubatrici. Ho amato Darcy dal primo momento in cui appare, entrando in quel salone affollato. Ho amato ancor di più la pungente ironia austeniana. Insomma, mi è piaciuto. Tanto.

Questo giochino, se così si può chiamare, gira sul web da almeno un anno, forse di più. Per diverso tempo ho pensato di partecipare anch'io, ma la mia ormai proverbiale tendenza alla procrastinazione mi ha portata a rimandare almeno una decina di volte. Poi, circa un paio di mesi fa, l'ho visto riproposto da Valentina sul suo magnifico
blog e così alla fine mi sono decisa. Con due mesi di ritardo, ma mi sono decisa ;-)
Copiando pari pari da
Peek a Book ho optato anch'io per le due versioni in simultanea.
Ecco le liste:
Versione 1:
Day 01 – Best book you read last year
Day 02 – A book that you’ve read more than 3 times
Day 03 – Your favourite series
Day 04 – Favourite book of your favourite series
Day 05 – A book that makes you happy
Day 06 – A book that makes you sad
Day 07 – Most underrated book
Day 08 – Most overrated book
Day 09 – A book you thought you wouldn’t like but ended up loving
Day 10 – Favourite classic book
Day 11 – A book you hated
Day 12 – A book you used to love but don’t anymore
Day 13 – Your favourite writer
Day 14 – Favourite book of your favourite writer
Day 15 – Favourite male character
Day 16 – Favourite female character
Day 17 – Favourite quote from your favourite book
Day 18 – A book that disappointed you
Day 19 – Favourite book turned into a movie
Day 20 – Favourite romance book
Day 21 – Favourite book from your childhood
Day 22 – Favourite book you own
Day 23 – A book you wanted to read for a long time but still haven’t
Day 24 – A book that you wish more people would’ve read
Day 25 – A character who you can relate to the most
Day 26 – A book that changed your opinion about something
Day 27 – The most surprising plot twist or ending
Day 28 – Favourite title
Day 29 – A book everyone hated but you liked
Day 30 – Your favourite book of all time
Versione 2:
1) Il tuo libro preferito.
2) La tua citazione preferita.
3) Il tuo personaggio preferito di un libro che hai letto.
4) Il libro più brutto che tu abbia mai letto.
5) Il libro più lungo che tu abbia mai letto.
6) Il libro più corto che tu abbia mai letto.
7) Il libro che ti descrive.
8) Un libro che consiglieresti.
9) Un libro che ti ha fatto crescere.
10) Un libro del tuo autore preferito.
11) Il libro che in questo momento hai sulla scrivania.
12) Un libro che prima amavi e che ora odi.
13) Un libro che non ti stancherai mai di rileggere.
14) Il libro che stai leggendo in questo periodo.
15) Apri il primo libro che ti capita tra le mani ad una pagina a caso e inserisci la foto e la prima frase che ti salta agli occhi.
16) La tua copertina preferita.
17) Il personaggio con cui ti vorresti scambiare di posto per un giorno.
18) Il primo libro che hai letto.
19) Un libro il cui film ti ha deluso.
20) Un libro dove hai ritrovato un personaggio che ti rappresentasse.
21) Un libro che ti ha consigliato una persona importante per te.
22) Un libro che hai letto da piccola.
23) Un libro che credevi fosse come la gente ne parlava e invece sei rimasta o delusa o colpita.
24) Il libro che ti fa fuggire dal mondo.
25) Un libro che hai scoperto da poco.
26) Un libro che conosci da sempre.
27) Un libro che vorresti aver scritto.
28) Un libro che farai leggere ai tuoi figli.
29) Un libro che devi ancora leggere.
30) Un libro che ti ha commosso.
Man mano che proseguirò nel gioco inserirò i vari link.
E voi? Avete già partecipato?
La strada
18 Jan 2014 6:17 AM (11 years ago)

Titolo: La strada
Autore: Cormac McCarthy
Titolo originale: The road
Traduzione: Martina Testa
Editore: Einaudi
Collana: Super ET
Pagine: 218
Prezzo: 12,00
Formato: brossura
Anno 1ª edizione originale: 2006
Anno 1ª edizione italiana: 2007
Genere: narrativa americana, distopico
Codice ISBN: 978-88-06-20275-0
Trama: Un uomo e un bambino viaggiano attraverso le rovine di un mondo ridotto a cenere in direzione dell'oceano, dove forse i raggi raffreddati di un sole ormai livido cederanno un po' di tepore e qualche barlume di vita. Trascinano con sé sulla strada tutto ciò che nel nuovo equilibrio delle cose ha ancora valore: un carrello del supermercato con quel po' di cibo che riescono a rimediare, un telo di plastica per ripararsi dalla pioggia gelida e una pistola con cui difendersi dalle bande di predoni che battono le strade decisi a sopravvivere a ogni costo. E poi il bene più prezioso: se stessi e il loro reciproco amore.
(dalla quarta di copertina)
Giudizio personale: Questa è sicuramente una delle "recensioni" più difficile che abbia mai affrontato; sono due giorni che ci penso e ripenso e sono sempre più convinta che ogni mia parola su questo romanzo sia del tutto superflua e non necessaria. Perché
La strada non ha bisogno di spot o pseudo recensioni fatte dall'ultima arrivata che crede di poter dire qualcosa di importante o che non sia già stato detto a suo proposito. Ma non posso nemmeno non parlarne, perché questo libro è
meraviglioso. Mi limiterò quindi a poche righe, solo per cercare di farvi capire quanto mi ha lasciato e quanto vi perdete a non leggerlo.
Questo romanzo è tante cose. È un romanzo che ti svuota di tutto, completamente, ma contemporaneamente riesce a darti tantissimo, fino a riempirti di emozioni così contrastanti tra loro che non sai più come farle uscire. (Io personalmente ho pianto. Come un vitello.)
È la storia di un'umanità distrutta, bestiale, ma ancora capace di amare profondamente. È la storia di un viaggio alla ricerca di speranza, di vita.
In un'America post apocalittica un padre e suo figlio sono in cammino, attraverso territori devastati e martoriati dalla brutalità umana, in cerca di luoghi in cui la vita sia ancora possibile. Non è dato sapere chi abbia scatenato l'inferno. E non è nemmeno importante ai fine del racconto. Dai brevi flash back sapientemente incastrati nella narrazione possiamo intuire che sia scoppiata una guerra nucleare. Il come e il perché rimangono a libera interpretazione del lettore, quasi a voler sottintendere che cambiando nomi o luoghi il risultato non sarebbe cambiato, la natura dell'uomo è l'autodistruzione. Questo viaggio, narrato attraverso gli occhi dei due protagonisti, è terribile. Loro passano per territori annientati, vuoti, morti. Il silenzio che li circonda è assordante: un silenzio che uccide perché è là dove dovrebbero esserci i rumori della natura quindi della vita. Il padre è un uomo disincantato, grigio, ma che si impone di non perdere la speranza per suo figlio. Questo bambino è quanto di più commuovente ci possa essere: terrorizzato da quello che lo circonda, ma al tempo stesso pieno di fiducia nel padre e nella possibilità di un mondo migliore, nonostante sia così piccolo da non ricordarselo nemmeno il mondo come era prima. Le loro giornate sono fatte di lotta contro un clima rigido e una ricerca spasmodica di cibo. La speranza, per loro, è rappresentata dal non incontrare nessuno sulla loro strada. I pochi sopravvissuti infatti sono pericolosi. Come era stato per
Cecità di Saramago, anche qui la situazione tragica ha reso gli uomini ancora più beceri e crudeli, riaccendendo in loro un istinto di sopravvivenza atavico e bestiale. Incontrare un altro essere umano potrebbe significare solo una cosa: morte. Ed è qui, sulla possibilità di incontrare qualcuno che emergono forti le caratteristiche contrastanti dei protagonisti. Il bambino è, appunto, un bambino e come tale mantiene nonostante tutto l'innocenza dell'infanzia: fa domande, cerca di capire perché sarebbe pericoloso, tenta di conciliare il bisogno di interazione con l'affetto e il rispetto verso il padre che invece su questo punto è drastico e netto. Un padre che ha visto troppe cose brutte e che è disposto a difendere suo figlio a qualsiasi costo, ma lo fa cercando di preservarne la purezza.
Più si procede nella lettura, più si è catturati dalla narrazione. E quando cominci a capire come sarà il finale le lacrime cominciano a scorrere incontrollate, perché ti rendi conto che anche tu stai facendo questo viaggio con loro. Hai vissuto queste pagine con un'intensità tale che non riesci nemmeno a spiegartelo. Hai avuto paura, terrore, curiosità, speranza: sensazioni vissute una dopo l'altra (o tutte assieme) che ti lasciano senza fiato. E vorresti abbracciare questo cucciolo d'uomo così forte come se fosse figlio tuo. E complimentarti con il padre, abbracciare anche lui, dirgli che sta facendo una cosa eccezionale, che è un padre meraviglioso. Ecco questi sono quei personaggi che lasciano il segno, quelli che ti porti dietro per tutta la vita. Questo libro me lo porterò dietro per tutta la vita.
Voto: 10
Citazione: "
Quando sognerai di un mondo che non è mai esistito o di uno che non esisterà mai e in cui sei di nuovo felice, vorrà dire che ti sei arreso. Capisci? E tu non ti puoi arrendere. Io non te lo permetterò."
Colonna sonora: My city of ruins di Bruce Springsteen (mentre leggevo questo libro non riuscivo a non pensare a questa meravigliosa canzone.
Qui testo e traduzione)
Consigliato: bè mi sembra si sia capito che lo consiglio a tutti
Istruzioni per l'uso: preparate i fazzoletti, ma soprattutto preparatevi
Buona Lettura!

Titolo: E liberaci dal padre
Autrice: Elizabeth George
Titolo originale: A great deliverance
Traduzione: Laura Battaglia, Monica Mazzanti
Editore: TEA
Collana: Teadue
Pagine: 387
Prezzo: 8,60 €
Formato: brossura
Anno 1ª edizione originale: 1988
Anno 1ª edizione italiana: 1989 (Sonzogno)
Genere: giallo
Codice ISBN: 978-88-502-0163-1
Trama: Un cadavere decapitato, un'ascia insanguinata e un'ammissione sconcertante: «Sono stata io. Non me ne pento». Questi gli elementi dell'omicidio di William Teys, un contadino di Keldale, nello Yorkshire, e tutti puntano verso la figlia di Teys, Roberta, una ragazza introversa e complessata che, dopo essersi dichiarata colpevole, si è chiusa in un silenzio impenetrabile. Eppure nessuno, nel villaggio, può credere a un'apparente verità così mostruosa e inquietante, tanto che padre Hart, il parroco della comunità, si reca a Londra per chiedere a Scotland Yard che venga fatta piena luce sul delitto. Una richiesta insolita, che tuttavia il commissario capo accoglie volentieri perché è l'occasione che aspettava per mettere alla prova una coppia di investigatori del tutto inedita: l'ispettore Lynley e il sergente Barbara Havers…
(dalla quarta di copertina)
Giudizio personale: Ho letto questo romanzo lo scorso anno, ma non potevo non parlarvene perché
E liberaci dal padre merita davvero.
L'azione si svolge in un piccolo paese dello Yorkshire, Keldale, dove William Teys, contadino amato da tutti, viene ucciso in maniera brutale. La polizia cittadina ha già arrestato Roberta, secondogenita di Teys, trovata accanto al cadavere del padre. Dopo aver confessato l'omicidio però si è chiusa in un silenzio invalicabile. La comunità è sconvolta e il parroco, convinto dell'innocenza di Roberta, chiede a Scotland Yard di indagare più a fondo. È così che l'ispettore Lynley e il sergente Barbara Havers approdano a Keldale per fare un po' di chiarezza su questo macabro delitto. Ma quello che stanno per scoprire è un buco nero di dolore e disperazione. È stata davvero Roberta? E cosa può aver scatenato una tale violenza in una ragazza altrimenti pacata e tranquilla?
E liberaci dal padre è davvero un ottimo romanzo d'esordio (e il primo della lunga serie dedicata alle indagini dell'ispettore Lynley). La cosa che più colpisce è la caratterizzazione dei personaggi: eccellente. I due protagonisti sono diversissimi fra loro. Lynley è il poliziotto di bell'aspetto, elegante e raffinato, molto ricco, di buonissima famiglia e con la reputazione del Casanova. Barbara è l'esatto opposto: imbranata, bruttina e sciatta e dalla carriera altalenante. Ma grattando la superficie escono due personaggi molto più complessi. Se all'inizio viene quasi spontaneo solidarizzare con la Havers, anche per via di una situazione familiare tutt'altro che serena, alla lunga questa naturale simpatia per lei vacilla. Non puoi non volerle bene, ma a volte la detesti, perché questo atteggiamento perenne da "ce l'hanno tutti con me" diventa insopportabile e tu vorresti metterla all'angola e dirle, molto banalmente, "Datti una svegliata! Smettila di crogiolarti nel tuo dolore e fa qualcosa per cambiare la tua vita!". Lynley ottiene invece il risultato opposto e finisci col renderti conto di quanto l'apparenza possa ingannare, perché basta una frase mal interpretata o un'idea sbagliata ormai radicata in noi per giudicare male un uomo che invece merita più rispetto di quanto si pensi.
La trama è ben costruita e colpisce per l'intensità e per la narrazione quasi impeccabile. Un intreccio di segreti, bugie e storie inconfessabili che trascina il lettore fino al finale che lascia senza parole. Forse non brilla per originalità, ma è romanzo scritto più di 20 anni fa, e sono sicura che all'epoca abbia lasciato molti lettori davvero davvero senza fiato.
Una piccola menzione anche per l'ambientazione: eccezionale. Le descrizione dei paesaggi che fanno da sfondo a questa storia sono meravigliose e talmente coinvolgenti che se chiudete gli occhi vi sembrerà di essere nello Yorkshire insieme a Barbara e Lynley.
Voto: 7,5
Consigliato: agli amanti dei gialli psicologici e agli appassionati dello stile british.
Buona Lettura!
Taci! Sei morto!
10 Jan 2014 10:42 AM (11 years ago)

Titolo: Taci! Sei morto!
Autrice: Katarina Mazetti
Titolo originale: Tyst! Du är död!
Traduzione: Laura Cangemi
Editore: Elliot
Collana: Scatti
Pagine: 184
Prezzo: 16,50 €
Formato: brossura
Anno 1ª edizione originale: 2001
Anno 1ª edizione italiana: 2012
Genere: giallo
Codice ISBN: 978-88-6192-272-3
Trama: La giovane Malla Vilhelmsson sta svolgendo il suo praticantato come giornalista nella sezione locale di una radio svedese, in una sperduta cittadina della Svezia settentrionale. L’ambiente è popolato di personaggi piuttosto particolari e le relazioni – assai complesse – alimentano una tensione crescente che sfocia nell’assassinio di Richard Malmström, quarantacinquenne belloccio e infedele, ucciso, nel bel mezzo della trasmissione che conduce ogni mattina in diretta, con un colpo d’ascia che gli fracassa il cranio. Ecco che da subito si scatena una caccia all’assassino in cui tutti sospettano di tutti: Richard era infatti un uomo supponente e antipatico che non perdeva mai occasione per lanciare le sue frecciate umilianti a chiunque gli capitasse a tiro. L’ispettrice di polizia Ulla-Britt Munter, con il suo modo di fare brusco e deciso, non ha certo un compito facile visto che si trova a gestire “non un solo testimone oculare, ma settantamila maledettissimi testimoni auricolari!”. Tanti sono infatti gli ascoltatori che hanno seguito in diretta il drammatico omicidio di Richard e, a giudicare dalle telefonate che continuano a giungere in commissariato, ciascuno di loro ha una sua versione dei fatti. Nel frattempo, però, Malla cerca di investigare per conto suo, per giungere alla soluzione dell’indagine con un doppio colpo di scena finale che spiazzerà anche il lettore di gialli più scaltro. Katarina Mazetti è un’autrice poliedrica e davvero estrosa e in questo suo primo giallo dimostra di riuscire a conciliare una trama apparentemente drammatica con il suo irrinunciabile humour.
(dal risvolto di copertina)
Giudizio personale: Non conoscevo quest'autrice e non sapevo cosa aspettarmi da questo libro, quindi ho iniziato la lettura pronta a tutto, ma soprattuto un po' timorosa di aver preso una cantonata al momento dell'acquisto, avvenuto decisamente a scatola chiusa. Invece è stata un'inattesa ventata di freschezza, anche se di un giallo si tratta.
La protagonista è Malla, giovane praticante di una radio svedese. È lei, attraverso le mail scambiate con un ex compagno del corso di giornalismo, a narrarci le vicende dei dipendenti di Radio Nordest, un insieme di personaggi stravaganti dalle mille sfaccettature, legati tra loro da rapporti lavorativi piuttosto complicati. Un giorno, durante una diretta radiofonica, il conduttore Richard Malmström viene aggredito e ucciso a colpi d'ascia. Un delitto terrificante avvenuto alla presenza di migliaia di testimoni auricolari, ma che non non ha lasciato tracce o indizi. La vittima è stata infatti uccisa all'interno di una stanza chiusa, dalla quale sembra che nessuno sia entrato o uscito. E tutti sono sospettati: Richard era tutt'altro che un buon collega e tutti, chi più chi meno, avevano un buon motivo per detestarlo. Malla, spaventata ma al tempo stesso incuriosita, si mette alla ricerca dell'assassino, fino a giungere a un epilogo del tutto inaspettato.
Taci! Sei morto! è un libro che strizza l'occhio ad Agatha Christie, e ai suoi gialli impossibili da risolvere, grazie all'enigma della stanza chiusa. Chi può aver ucciso Richard senza che nessuno dei colleghi presenti in radio l'abbia visto entrare o uscire dallo studio di trasmissione? Potrebbe essere stato davvero chiunque e Malla ce lo fa capire molto bene, tratteggiando i personaggi che popolano Radio Nordest alla perfezione. Insieme a lei ,a narrare i fatti, c'è Haqvin, singolare programmatore musicale dotato di una fortissima empatia, così forte da renderlo in grado di percepire i pensieri altrui. Ma questo dono non basta per stanare un assassino così furbo.
Un romanzo ben congegnato, dalla trama semplice ma impeccabile. Tutto è molto scorrevole, grazie allo stile della Mazetti fluido ed essenziale, e a una suspense ben calibrata. I personaggi sono veri: non ci sono super investigatori tutto muscoli e azione, non c'è la bellona a cui tutto riesce sempre alla perfezione. Ci sono persone normali alle prese con difficoltà quotidiane e una praticante fresca di corso di giornalismo con l'aspetto fisico adatto al pedinamento (passa inosservata).
Voto: 8
Colonna sonora: Unfinished Sympathy dei Massive Attack
Consigliato: agli amanti dei gialli e a chi vuole avvicinarsi a questo genere. Questo è un buon modo per cominciare
Istruzione per l'uso: per la lettura di questo romanzo non può mancare una buona tazza di tè caldo.
Buona lettura!

Anno nuovo, tempo di bilanci. In questo caso bilanci letterari.
E avendo appena svegliato il blog dal suo lungo letargo, ho deciso di rispolverare l'ormai stra-utilizzato meme sulle letture dell'anno che si è appena concluso. Così, giusto per tenervi un po' aggiornati sulle recensioni che presto arriveranno.
Il 2013 è stato un po' misero dal punto di vista letterario. Come vi dicevo è stato un anno strano, pieno e stancante. E ovviamente la mia solitamente instancabile voglia di leggere ne ha risentito parecchio.
Ma bando alle ciance.
Eccovi il mio 2013 libresco.
1. Quanti libri hai letto nel 2013?
Pochi, davvero pochi. Solo 22.
2. Quanti erano fiction e quanti no?
Non se sbaglio erano tutti fiction.
3. Quanti scrittori e quanti scrittrici?
Stranamente l'anno scorso ho letto più romanzi di autrici donna (penso sia la prima volta): 13 contro i 9 scritti da uomini. (quando ho scritto il post per la Women Challeng devo aver guardato le statistiche del 2011/2012 O.o)
4. Il miglior libro letto?
Sono un po' indecisa. Si contendono il primo posto Margherita Dolcevita di Stefano Benni e gli Harry Potter della Rowling (capitoli 5 e 6 della saga)
5. E il più brutto?
Decisamente Luoghi che non si trovano sulle mappe di Berta Roy. Una delusione totale. Lento, prolisso e per certi versi banale. Non ve lo consiglio proprio.
6. Il libro più vecchio che hai letto?
Il ballo di Irène Némirovsky, del 1930.
7. E il più recente?
Gli sdraiati di Michele Serra, uscito a fine 2013.
8. Qual è il libro con il titolo più lungo?
Harry Potter e il principe mezzosangue di J.K. Rowling
9. E quello con il titolo più corto?
Niente di Jeanne Teller.
10. Quanti libri hai riletto?
Nessuno.
11. E quali vorresti rileggere?
Come ho già avuto modo di scrivere, non rileggo quasi mai. Ultimamente però ho spesso la voglia di riprendere Il barone rampante di Calvino, romanzo che ho amato alla follia.
12. I libri più letti dello stesso autore quest'anno?
J.K. Rowling e Agatha Christie, ho letto due libri di entrambe.
13. Quanti libri scritti da autori italiani?
Solo 6. Sono sempre un po' esterofila nello scegliere le mie letture.
14. E quanti libri sono stati presi in biblioteca?
Nessuno. Ho troppi libri a casa ancora da leggere…
15. Dei libri letti quanti erano e-book?
Nessuno. Amo troppo il cartaceo. Sono vecchia dentro :-)
Cecità
3 Jan 2014 3:53 AM (11 years ago)

Titolo: Cecità
Autore: José Saramago
Titolo originale: Ensaio sobre a cegueira
Traduzione: Rita Desti
Editore: Feltrinelli
Collana: Universale Economica Feltrinelli
Pagine: 276
Prezzo: 9,50 €
Formato: brossura
Anno 1ª edizione originale: 1995
Genere: narrativa portoghese
Codice ISBN: 978-88-07-72182-3
Trama: In un tempo e un luogo non precisati, all'improvviso l'intera popolazione perde la vista per un'inspiegabile epidemia. Chi viene colpito dal male è come avvolto in una nube lattiginosa. Le reazioni psicologiche sono devastanti, l'esplosione di terrore e di gratuita violenza inarrestabile, gli effetti della patologia sulla convivenza sociale drammatici. La cecità cancella ogni pietà e fa precipitare nella barbarie, scatenando un brutale istinto di sopravvivenza. Nella forma di un racconto fantastico, Saramago disegna con maestria, essenzialità e nettezza la grande metafora di un'umanità bestiale e feroce, incapace di vedere e distinguere le cose razionalmente, artefice di abbrutimento, crudeltà, degradazione. Ne risulta un avvincente romanzo di valenza universale sull'indifferenza e l'egoismo, il potere e la sopraffazione, la guerra di tutti contro tutti, una dura denuncia del buio della ragione, con uno spiraglio di luce e di salvezza che non ne annulla il pessimismo di fondo.
(dalla quarta di copertina)
Giudizio personale: Mi sento di poter dire, con una certezza quasi granitica, che Cecità sia in assoluto uno dei migliori libri che abbia mai letto. Ti entra dentro, con una forza spaventosa. Per anni ne avevo sentito tessere le lodi più o meno ovunque, da conoscenti e colleghi di libreria, e nonostante questo continuavo a rinviarne la lettura, quasi per paura che questa crescente aspettativa potesse alla fine tramutarsi in delusione… e invece…
Invece ho amato questo romanzo fin dalla prima riga, anche se ammetto di aver avuto qualche piccola difficoltà iniziale con l'utilizzo, un po' folle, della punteggiatura di Saramago. Bisogna prendere le misure diciamo, ma una volta superato l'impatto con le prime pagine la storia scorre veloce e si è letteralmente catturati da una trama avvincente, geniale e a dir poco devastante. Tutto comincia all'interno di una macchina qualunque, su una strada qualunque, in una città qualunque. Il possessore di suddetta auto, in attesa che il semaforo dia il via libera agli automobilisti incolonnati, all'improvviso perde la vista. Così, da un momento all'altro tutto attorno a lui si fa nebbia: niente sintomi, nessuna malattia pregressa. Semplicemente diventa cieco. Da qui all'epidemia è un attimo. Le persone che hanno interagito con lui sono le prime: il passante che lo ha aiutato, il medico che ha provato a curarlo, la moglie, uno dopo l'altro "cadono" come pedine di un terribile domino pandemico. Davanti ad una situazione di questa portata si potrebbe reagire in tanti modi, ma l'irrazionalità e la paura dell'ignoto hanno il sopravvento. Prima ghettizzati, poi abbandonati a loro stessi, i contaminati avranno a che fare con i peggiori istinti umani che, in questa condizione emergono più forti che mai rimarcando, ancora una volta, quanto possano essere bestiali gli esseri umani.
Sono tante le cose che ho amato di Cecità, prima fra tutti la scelta dell'autore di non utilizzare mai nomi propri. I personaggi non hanno nomi, sono semplicemente "il medico", "la moglie del medico", "la ragazza con gli occhiali" e così via. Da un lato sembra quasi volerli spersonalizzare, renderli tutti uguali, dall'altra invece è proprio la mancanza del nome a renderli unici, riconoscibili per quello che fanno o dicono, per quello che sono veramente. Anche la città non ha nome, come a volerci dire che potrebbe capitare ovunque, a chiunque. La cosa che però mi ha colpito maggiormente è stata la descrizione degli eventi, perché più leggevo quelle pagine più mi convincevo che, se mai dovesse succedere una cosa simile nella realtà (parliamo per assurdo ovviamente) la reazione delle persone sarebbe esattamente la stessa. Il dramma che ha colpito l'intera città, l'intero stato, ha tirato fuori dalle persone il peggio del peggio. Un istinto di sopravvivenza atavico e atroce, un crudele senso di prevaricazione che nelle difficoltà, in alcuni uomini, si acuisce fino a diventare incontrollabile e barbaro. La descrizione delle cattiverie e dei soprusi perpetrati è così realistica che non puoi fare a meno di pensare che noi, l'umanità, siamo così davvero. Egoisti e prepotenti, anche e soprattutto nei momenti in cui dovremmo tirare fuori il meglio da noi stessi.
Poi c'è la paura: la paura dell'ignoto, del diverso. Non avendo questa epidemia precedenti né spiegazioni cliniche plausibili, chi ancora non ne è affetto non sa come reagire. E, come accade anche nella realtà dei giorni nostri, quello che non si conosce ci spaventa e la reazione il più della volte è: "mandiamoli via", "rinchiudiamoli il più lontano possibile da noi".
Cecità è, come avrete capito, un romanzo con una visione piuttosto pessimistica della società. Una società in cui il bene del singolo prevale quasi sempre sul bene della collettività. Se ci pensiamo bene, non è poi così lontana la realtà. Certo, in queste pagine è tutto amplificato, portato all'esasperazione, ma nel nostro piccolo quotidiano quante volte abbiamo assistito a prepotenze più o meno grandi, il più delle volte mentre tutti stanno a guardare senza batter ciglio? Saramago fa, con questo romanzo, una critica forte e feroce all'umanità, sempre meno umana e sempre più bestiale, ma ci lascia anche una goccia di speranza. Un piccolo fiore che nasce dai detriti di un mondo in pezzi.
Citazione: "Chiunque tu sia hai ragione, c'è sempre stato chi si è riempito la pancia con la mancanza di vergogna, ma noi, cui non resta più niente se non quest'ultima e immeritata dignità, dimostriamoci almeno capaci di lottare per quanto ci appartiene di diritto."
Colonna sonora: Burning di Ludovico Einaudi
Consigliato a: tutti
Istruzioni per l'uso: prendetevi tempo, assaporate questo meraviglioso romanzo e non perdete la speranza
Buona lettura!

Eh sì, a volte ritornano…in questo caso "a volte ritorno"!
Onestamente non so come ci si saluta dopo un anno e più di assenza, quindi mi limiterò a un banalissimo "Bentrovati"!!!!
Non sto nemmeno a dilungarmi con inutili scuse per questo immenso buco spazio-temporale in cui ho letteralmente abbandonato il blog: sono imperdonabile…
Ma è stato un anno pieno, incasinato, strano e ho voluto/dovuto staccare un po' la spina, complice un nuovo lavoro che mi ha (per fortuna, visti i tempi) preso molto tempo e moltissima energia…
Un lavoro che purtroppo nulla ha a che fare con i libri (momento di disperazione) e quindi sempre più forte ho sentito il richiamo del blog, questo "bambino" che, nel frattempo, nel suo angolo di solitudine del web, ha compiuto 4 anni… che compleanno triste…
Bando alle ciance…Bookshelf riprende da dove tutto si era interrotto più di un anno fa, da quella recensione di Cecità che avevo promesso e che giace in stan by da allora. Per chi c'era (e mi è terribilmente mancato) sarà bellissimo ritrovarvi e per chi arriverà BENVENUTI!
…e ancora scusatemi…


Buongiorno miei cari lettori! Come state? Spero bene, anzi benissimo. Ultimamente avrete notato una certa latitanza da parte mia (ehm, diciamo pure che sono sparita) nonostante vi avessi promesso di essere più presente... Chiedo venia, ma sono successe tante cose ultimamente e avevo bisogno di staccare un po' la spina, anche dal mio amatissimo blog. Punto cruciale di tutto è che ho trovato, finalmente, un lavoro, almeno all'apparenza stabile. E di questi tempi è quasi un miracolo. La gioia immensa è lievemente smorzata solo dal fatto che, purtroppo, non mi occupo più di libri. Per tre anni, infatti, sono stata una libraia vagabonda: vagabonda nel senso che, secondo le regole dell'attuale mondo del lavoro italico, passavo da una libreria all'altra, tipo staffetta, balzando allegramente tra un contratto e l'altro, rincorrendo un sogno sempre più complicato da realizzare. Quando mi si è presentata questa opportunità non ho fatto altro che prendere la palla al balzo, richiudendo solo momentaneamente quel cassetto, che domani chissà, ma oggi (a quasi trent'anni) è il caso di tornare con i piedi per terra, che le bollette mica si pagano con i sogni... Così, accantonate le mie velleità da libraia e dopo aver ripreso confidenza con il lavoro di ufficio (quanto è bello non lavorare nei week end) eccomi qui, di nuovo pronta a coccolare questo mio angolino di pace. Questo blog è il mio "bambino" e ora è anche la mia "libreria", farò qui quello che non posso più fare ogni giorno al lavoro!
E per ricominciare alla grande Bookshelf si veste di nuovo grazie alla meravigliosa Miss Claire che si è occupata della grafica. Peraltro con un tempismo perfetto! Le sono bastate poche parole per capire esattamente cosa desideravo per il blog e adesso questo spazio virtuale è ancora più "mio". Non ci sono abbastanza parole per ringraziarti carissima Claire!
Ecco, credo di avervi detto tutto, almeno per oggi... Vi aspetto domani, perché da queste parti si parlerà di un libro meraviglioso: Cecità.
Un abbraccio a voi tutti.